
Platone e Synanto sulla formazione
Scena: Un giardino tranquillo, forse un’eco dell’Accademia di Atene. Il sole filtra tra le fronde degli alberi, proiettando giochi di luce sul marmo delle colonne. Platone è seduto su un basso scranno di pietra, lo sguardo rivolto all’intervistatore con una curiosità mista a severità. Accanto a lui, una tavoletta cerata e uno stilo, strumenti con cui è solito appuntare le sue riflessioni.
Synanto: Maestro Platone, grazie per aver accettato questo incontro impossibile. Vorrei parlare con lei di formazione e di una realtà moderna, Synanto, che si occupa proprio di questo.
Platone: Certo, purché tu non cada nell’errore di confondere la semplice trasmissione di nozioni con la vera educazione dell’anima. Dimmi, che cos’è Synanto?
Synanto: Synanto è una società che offre formazione e consulenza, unendo tradizione e innovazione per migliorare le competenze delle persone e delle aziende.
Platone: Interessante. Mi ricorda il compito del filosofo: portare l’anima fuori dalla caverna dell’ignoranza. Ma dimmi, la vostra formazione mira solo ad accumulare conoscenze o guida gli allievi a pensare e a comprendere?
Synanto: L’obiettivo è sviluppare capacità critiche, applicabili nel lavoro e nella vita, con strumenti pratici. Non vogliamo solo trasmettere informazioni, ma insegnare a ragionare, prendere decisioni e affrontare il cambiamento.
Platone: Bene, perché la vera conoscenza non è un semplice deposito di dati, ma un processo di scoperta. Nell’Accademia, non ci limitavamo a insegnare, ma stimolavamo il ragionamento. Synanto segue questo principio?
Synanto: Sì, ad esempio nei nostri workshop Filosofi in Azienda, utilizziamo il metodo del business game, in cui i partecipanti prendono decisioni strategiche in scenari simulati, proprio come nel suo “mito della caverna”, dove si passa dall’ombra alla luce della verità.
Platone: Ah! Se i tuoi discenti non si limitano a subire il sapere, ma lo conquistano con l’esperienza, allora la vostra missione è nobile. Ma che cosa intendete con “unire tradizione e innovazione”?
Synanto: Crediamo che il pensiero antico, come il suo, abbia ancora molto da insegnare, ma lo integriamo con tecnologie e approcci moderni. Ad esempio, esploriamo l’uso dell’intelligenza artificiale per migliorare l’apprendimento e personalizzare i percorsi formativi.
Platone: [annuisce] Se l’innovazione aiuta l’anima a elevarsi e non la distrae con illusioni, allora è utile. Ma attento: se gli uomini credono che la tecnologia sia la conoscenza, diventeranno schiavi delle sue ombre, come quei prigionieri nella mia caverna. La conoscenza vera è quella che rende liberi.
Synanto: Quindi, per lei la formazione dovrebbe essere soprattutto un percorso di crescita interiore?
Platone: Esatto! L’arte dell’educazione non è riempire vasi, ma accendere fuochi. Synanto saprà davvero formare se aiuterà ogni uomo a riconoscere il suo daimon, la sua vocazione. Ditemi, i vostri formatori sono filosofi?
Synanto: Non in senso stretto, ma cerchiamo di portare il pensiero critico e la saggezza nelle aziende. Lavoriamo con professionisti che hanno esperienza pratica e capacità di guidare le persone verso il miglioramento continuo.
Platone: [sorride] Allora, se fate in modo che i vostri allievi si interroghino sul perché delle loro azioni e non solo sul come, forse siete sulla strada giusta. La formazione che non trasforma è solo un’ombra di formazione.
Synanto: Maestro, la sua visione ci ispira. Ma come possiamo evitare che la formazione diventi solo un dovere imposto, anziché una ricerca interiore?
Platone: Gli uomini imparano veramente solo quando desiderano farlo. Il compito del formatore non è obbligare, ma suscitare la meraviglia. Se riuscite a risvegliare nelle persone il desiderio di sapere, allora state educando, non solo istruendo.
Synanto: È una grande sfida, ma ci impegniamo a percorrere questa via.
Platone: [annuisce, poi si alza] Ora devo lasciarti. C’è sempre un nuovo allievo da condurre fuori dalla caverna. Ma tu, Synanto… sarai maestro o solo un altro mercante di ombre?
Scena finale: Platone si allontana lentamente tra le colonne del giardino, lasciando all’intervistatore e ai lettori una domanda che risuona ancora nell’aria.